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30 aprile 2016

Redazione Bou-Tek

Molti imprenditori della vendita al dettaglio sono consapevoli che

restare imprigionati nell’idea di negozio fisico tradizionale non dà buone prospettive di sopravvivenza, tantomeno di crescita.

Quel modello, del resto, che di fatto ha caratterizzato la vendita al dettaglio per secoli, in questo primo sorcio del secondo millennio è improvvisamente invecchiato e ha perso la sua forza: la selezione del personale, le modalità di approvvigionamento e gestione del magazzino, la catena di distribuzione… per poter ancora attrarre e fidelizzare i consumatori della nuova era digitale, rispondendo alle loro aspettative, tutto si è evoluto più rapidamente di quanto mai avesse fatto, portandosi su nuovi livelli di offerta e prestazioni. Tanto che gli analisti del settore prevedono che nei prossimi dieci anni il comparto verrà plasmato da un profondo cambiamento.

Coloro che sono già pienamente consci della rivoluzione in atto, perché interessati ai nuovi strumenti a loro disposizione e al rapido moltiplicarsi dei dati digitali, hanno già da tempo capito che per relazionarsi al consumatore del nuovo millennio è necessario offrire una “customer experience” senza soluzione di continuità, che permetta cioè di intercettare i propri clienti in ogni possibile punto di contatto – web, social network, segnaletica digitale, … – per sostenere la propria attività commerciale con una comunicazione il più possibile omnicanale.

Ma la tecnologia fa ormai giganteschi e rapidissimi passi avanti ogni giorno e per chi vuole restare competitivo l’asticella si pone sempre un po’ più in alto.

Accade quindi che anche chi, tutto sommato, si è già messo alla prova fattivamente, affinché la relazione fra il proprio brand e il suo pubblico fosse in linea con i canoni dell’era digitale, si trovi oggi davanti un nuovo step da affrontare per continuare a sfruttare pienamente i nuovi strumenti digitali.

La nuova frontiera si infrangerà quando i retailer riusciranno a “sfruttare” il cliente stesso come canale dal quale attingere gli input utili a correggere la loro rotta a seconda dei casi e prendere decisioni strategiche mirate.

Per restare fra i leader e mantenere una posizione apicale e salda sul mercato, dovranno insomma dimostrarsi ancora più reattivi e dotarsi di capacità predittive superiori.

Come?

La mappa del tesoro la tracceranno le tecnologie cognitive.

I sistemi cognitivi, infatti, con la loro capacità di interpretare e restituire all’interno di modelli immense quantità di dati anche non strutturati, funzioneranno anche per i retailer come una sorta di bussola che indicherà loro come orientarsi nel mare dei comportamenti di consumo e come offrire esperienze d’acquisto sempre personalizzate, qualunque sia il canale che realizza il contatto con il cliente e in qualunque momento.

Il cognitive computing è per questo già all’attenzione dei retailer più evoluti, che si stanno attrezzando per poter investire in questa tecnologia in un futuro prossimo.

Questa consapevolezza deriva loro anche dall’aver colto l’enorme potenziale commerciale dell’IoT (Internet of Things), poiché proprio i dati raccolti dai milioni di sensori e dispositivi internet presenti ormai ovunque nel nostro “ambiente naturale” possono essere sfruttati per migliorare l’esperienza dei clienti e la gestione di ogni fase dell’attività commerciale: dalla creatività del prodotto alla catena di distribuzione, passando per l’ottimizzazione delle attività in-store.

In conclusione, gli esperti del settore si aspettano che i brand che avranno la capacità culturale ed economica di mettere per tempo a valore queste nuove “armi” tecnologiche affrontino la rivoluzione cognitiva senza temerla e che anzi, proprio per questo, saranno ancora forti sul mercato.

 

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