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26 aprile 2016

Redazione Bou-Tek

Se la mettiamo a confronto con la complessità dei processi e dei meccanismi del marketing contemporaneo, l’età dell’oro della creatività pubblicitaria – quella, per intenderci, celebrata dalla nota serie televisiva a stelle e strisce Mad Men, – fu tutto sommato un periodo tranquillo…

Negli anni 50′ e 60′ quei grandi nomi della comunicazione e del marketing si lasciavano guidare dall’intuito per stabilire quale genere di campagna avrebbe funzionato per un determinato prodotto. E per valutare il livello di coinvolgimento del pubblico nei confronti di un brand, organizzavano tuttalpiù dei focus group.

Ma la crescita del numero e delle tipologie di canali tramite i quali consumatori e marchi possono oggi interagire ha determinato negli ultimi anni non solo lo sgretolamento del modello lineare dei percorsi d’acquisto (quello che gli americani chiamano “linea customer journey”), ma anche – come ben sappiamo – una moltiplicazione esponenziale delle informazioni riguardanti il livello di “engagement” del pubblico.

Insomma. come ha dichiarato un CMO di un’azienda B2C australiana in una recente indagine di IBM, condotta fra numerosi Chief Marketing Officer nei diversi continenti,

oggi le persone che si occupano di marketing hanno bisogno di essere “math men”, letteralmente “uomini di matematica”, persone cioè che dominano i numeri,

e non più “mad men”, come quando la creatività era vista come la chiave di ogni successo.

Ciò significa che per comprendere il percorso del consumatore contemporaneo, fatto di molteplici punti di contatto con il brand, e quindi per offrirgli esperienze in grado di soddisfare le sue sofisticate aspettative, bisogna mettere in campo competenze nuove, nuove mentalità e strumenti innovativi che consentano di ricavare informazioni strategiche dall’analisi delle informazioni sui consumatori.

Fondamentale è poi rendersi conto che il pubblico entra in relazione con il brand in generale e non con un solo particolare dipartimento dell’azienda.

Nell’era del digitale non ci si può più permettere uno scollamento fra i diversi team dell’azienda, ma è necessario che tutti collaborino e, in particolare, si adoperino affinché i dati vengano messi a disposizione di tutti i dipartimenti: per intenderci,

la condivisione delle informazioni tra uffici marketing, vendite e assistenza al cliente è ormai imprescindibile.

Più stretta riesce a essere la connessione e la permeabilità fra i team, maggiore è il dettaglio del quadro e le capacità predittivi che si possono raggiungere.

Un’efficace comunicazione fra i vari team contribuisce fra l’altro a rendere univoca la voce del brand e a uniformare l’esperienza che ne ha il consumatore da qualunque lato la approcci, occultando al pubblico la complessità dei processi interni a favore di un’unica, positiva e rassicurante “customer experience”.

Quest’ultimo è uno dei principi fondamentali del cosiddetto “Design Thinking”, un metodo di gestione aziendale basato sui principi del design strategico e particolarmente adatto a trattare problemi complessi dall’esito incerto che comportano rischi decisionali.

Con il Design Thinking i manager ampliano le risorse culturali e metodologiche sulle quali possono contare, concedendosi così la possibilità di analizzare i problemi anche in una prospettiva creativa, tipica del design strategico.

Processo e strumenti sono infatti inspirati a quelli utilizzati dai designer per lo sviluppo, la selezione e la verifica delle idee creative.

Con il Design Thinking ci si concentra sulle esperienze emotive dei consumatori: si parte dal presupposto che tenere conto di qualità, efficienza e profitto sia necessario, ma non sufficiente; tutti gli aspetti di un business, dalla progettazione di un prodotto alle scelte per la sua promozione, passando per i processi interni, devono invece essere pianificati tenendo presente il punto di vista del consumatore.

A mano a mano che le aziende prendono coscienza della mancata linearità del “customer journey”,  diventa per loro sempre più evidente l’importanza dei principi “cliente-centrici” tipici del Design Thinking.

Ma la volontà di raggiungere una così approfondita comprensione dei consumatori sarebbe velleitaria se non corrispondesse a capacità di analisi importanti: in questo senso, il valore degli insights derivanti dall’analisi del comportamento dei consumatori non è mai stato più evidente.
Sempre secondo la ricerca IBM citata poc’anzi, per esempio, il 60% dei Chief Marketing Officer intervistati progetterà le campagne dei prossimi 5 anni proprio in base a questi dati.

Dunque oggi la questione non riguarda più se gli analytics verranno o meno impiegati per indirizzare le scelte di marketing – fatto assodato – ma in che modo si possa trarne il massimo vantaggio.

Perché, per esempio, molti esperti di marketing hanno già cominciato a sfruttare l’analisi integrata dei dati in senso predittivo per orientare le proprie scelte, ma solo un ancora scarno gruppo di “early adopter” si è già attrezzato per sfruttare appieno i sistemi cognitivi.
E una svolta in questa direzione sarà determinante: i sistemi basati su algoritmi tradizionali, infatti, sono condizionati e fortemente limitati dagli obiettivi per cui vengono preliminarmente programmati, mentre quelli cognitivi apprendono tramite l’esperienza e dunque a ogni nuova richiesta possono rispondere più esaurientemente, basandosi su quanto imparato in precedenza.

I sistemi cognitivi sono in grado di mettere in relazione contenuti diversi ai diversi contesti, di fornire risposte ponderate e di identificare modelli a cui fare riferimento. Sono l’unico mezzo in grado di guidare saldamente il marketing del presente e del futuro attraverso l’oceano di Big Data alimentato dal comportamento non più lineare dei consumatori.

Sono i sistemi cognitivi che consentiranno di offrire ai consumatori quelle esperienze sempre più personalizzate e memorabili che si aspettano e sulle quali fonderanno la loro lealtà a un marchio piuttosto che a un altro.

 

Fonte: «The non-linear customer journey and what it means for marketers» di Jeff Ramming. Dal Blog del sito IBM Big Data & Analytics Hub

 

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