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22 marzo 2016

Redazione Bou-Tek

Retail Design Expo 2016 – Sono molti i temi “caldi” da monitorare e approfondire emersi nel corso della “due giorni” londinese di Retail Design Expo, l’importante evento fieristico dedicato al retail design e al marketing di settore svoltosi all’Olympia London dal 9 al 10 marzo scorso.

Sia in termini di “spunti di riflessione” rivolti ai protagonisti del settore sia in termini di aggiornamento tecnologico, il racconto dello “stato dell’arte” e dei progressi attesi nell’allestimento e nella comunicazione del commercio al dettaglio sono consistenti.

Tanto per cominciare, un dato è emerso con evidenza:

nel prossimo futuro, a caratterizzare maggiormente l’evoluzione degli spazi dedicati al retail saranno le realtà commerciali in grado non solo di sintonizzarsi sul cambiamento e sulla necessità di “customizzazione” – che si sono ormai imposti come “cifra” contemporanea del settore – ma anche di proporre al pubblico punti vendita che siano veri e propri luoghi di sperimentazione, dove sarà possibile testare idee sempre nuove e nei quali il consumatore possa ritrovare il giusto mix di informazione e intrattenimento.

Katie Baron , per esempio, alla quale quest’anno è stato affidato il discorso d’apertura di Retail Design Expo, nel suo speech lo ha affermato chiaramente, citando come primo riferimento i negozi di Brighton e Londra del marchio Made.com, dove i consumatori possono interagire con dispositivi “smart” per reperire informazioni sui prodotti ai quali sono interessati, e i cui manager sono già in grado di raccogliere e organizzare i dati provenienti dalle interazioni con i visitatori per personalizzare le successive azioni di marketing e programmare un consapevole e mirato riassortimento del magazzino.

E sembrano ben avviati al successo – ha aggiunto la Baron – anche quei brand che puntano a dare sempre più spazio alle tendenze narcisistiche dei consumatori:

«A Londra – ha raccontato a titolo d’esempio – H&M ha installato una passerella all’interno del negozio e invia email ai clienti per avvisarli quando il video che li ritrae mentre sfilano verrà proiettato sugli schermi che si trovano all’esterno dello store. Samsung, invece – ha aggiunto l’esperta -, ha appena aperto a New York un negozio in cui i clienti possono attraversare un tunnel completamente “rivestito” con le immagini provenienti dalle loro pagine social».

Il filo rosso che lega tutte queste tendenze, secondo Katie Baron, è la crescente volontà dei consumatori di essere coinvolti in prima persona dai brand e di poter sperimentare e giudicare il grado di personalizzazione che questi sono in grado di offrire.

Fra le aziende più “avanti”, ci sono quindi quelle che già hanno studiato e/o stanno studiando il modo per consentire ai loro clienti di personalizzare in loco i prodotti, che includono cioè la customizzazione all’interno della customer journey in negozio, con un atteggiamento “sartoriale”.

Come Muji, che permette già ai clienti di adattare i profumi al loro tipo di pelle, o come Lush, che offre il medesimo servizio con i suoi prodotti da bagno…

In conclusione, le aziende del retail dovranno tutte trovare nuove modalità per entrare in relazione con i loro clienti e questo può significare anche accettare il fatto che non si vendono più “prodotti”, ma piuttosto si offrono al pubblico luoghi nei quali accedere a servizi costruiti attorno ai prodotti.

È quanto secondo Katie Baron rientra nel concetto di “edu-tainment” dei consumatori.

È “edu-tainment”, per esempio, fornire consigli al cliente su come far durare più a lungo l’oggetto che sta acquistando – invece che tentare di vendergli anche qualcos’altro, a cui non si sia spontaneamente interessato – o allestire una porzione del negozio come area “demo”, dove poter testare un prodotto prima di decidere se si è davvero intenzionati a comprarlo.

Un’altra idea di marketing innovativa citata dalla stessa oratrice è quella di IKEA, che ha cominciato ad offrire in particolari store la possibilità di passare una notte in negozio dormendo in una delle sue stanze perfettamente arredate. Un’esperienza che possiamo definire davvero molto diretta e completa.

Ma attenzione! Al termine di tutti questi esempi, Katie Baron ha anche lanciato un avvertimento alla platea in ascolto, perché – se è vero che gli operatori del commercio al dettaglio devono tenere presente tutti questi trend per gestire proficuamente il loro futuro commerciale, come è vero che i consumatori pretendono un’interazione sempre più coinvolgente con i brand, anche a livello fisico e sensoriale –

i retailer dovranno impegnarsi anche perché nei loro negozi sia sempre possibile trovare informazioni e risposte facilmente.

In sostanza, la sfida nel breve periodo sarà anche fare in modo che l’ansia che altrimenti potrebbe accompagnare le decisioni d’acquisto venga sempre tenuta a bada da pacificanti esperienze “auto-gestite” dal consumatore.

 


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